19.10.2020 dalle 18.00 in Bolzano29
“𝐓𝐄𝐀𝐓𝐑𝐎 𝐄 𝐒𝐀𝐂𝐑𝐎”
A caratterizzare la modernità è stato un sistematico processo di dissacrazione, che ha spesso proceduto attraverso provocazioni e oltraggi. A partire da Grotowski, la scena è tornata a cercare un rapporto con il sacro, in una forma rituale paradossalmente oltraggiosa. A questo tema è stato dedicato il convegno Blasphemìa, curato dall’Accademia Olimpica di Vicenza nel 2015: l’incontro rilancerà quella discussione.
🗣 Con Roberto Cuppone, Fabrizio Fiaschini, Ester Fuoco, Silvano Petrosino.
✅ Ingresso libero su prenotazione a bolzano29@libero.it
🔴 L’appuntamento sarà trasmesso in diretta FB
Blasfemia (greco blasphêmía; da cui ‘bestemmia’) deriva da bláptein, ingiuriare, e phêmê, reputazione; significa letteralmente diffamazione, contestazione della Fama; cioè, più che del divino in sé, del suo valore identitario. Se è vero che il teatro, alla ricerca di uno statuto di necessità, da più di un secolo si racconta come discendente del rito (in questo confortato dall’antropologia e dai miti fondativi di quasi tutte le culture), allora si può dire, con una punta di provocazione, che la storia di quello che noi chiamiamo teatro è in effetti storia di una progressiva ‘dis-sacrazione’ (come in primis dimostra il Teatro Greco); ma nel contempo anche di un senso di perdita, di ricerca di quella stessa necessità iniziale (come dimostrano ad esempio i ciclici dibattiti sulla tragedia e sulle origini del teatro). Ecco perché, secondo Grotowski, diversamente dalla profanazione, che è invece mancanza di rapporto col sacro, oggi paradossalmente “il blasfemo è il momento del tremito. Si trema quando si tocca qualcosa che è sacro; forse è già distrutto, distorto, deformato e comunque rimane sacro. Il blasfemo è un modo per ristabilire i legami perduti, per ristabilire qualcosa che è vivo […] Non c’è blasfemo se non c’è relazione vivente col sacro”.
Blasphemia. Il teatro e il sacro a cura di Roberto Cuppone e Ester Fuoco, CELID, 2019.